VERSO IL DISTRETTO BIOLOGICO PIU’ GRANDE D’EUROPA
Con la firma del patto per il biologico, avvenuta l’8 aprile scorso ad Ancona, tra il vicepresidente e assessore all’Agricoltura Mirco Carloni e i rappresentanti regionali di Agci, Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Confcooperative, Copagri, Legacoop , Uecoop, Unci e Camera di commercio, è stato fatto il primo passo verso la nascita di un unico e grande distretto del biologico che sarebbe il più grande d’Italia e d’Europa.
La giunta regionale vede nel biologico un traino anche per molti altri comparti dell’economia regionale. L’idea dell’assessore Mirco Carloni è che il distretto del biologico diventi una sorta di marchio territoriale che identifichi le Marche come regione bio per eccellenza, attraverso un marketing territoriale efficace e una promozione che valorizzi il prodotto in termini di qualità e competitività sui mercati nazionali e internazionali. Secondo Carloni il bio è un valore aggiunto da inserire in un progetto più ampio di sostenibilità che integri aspetti culturali, il turismo, le amministrazioni locali, le associazioni e tutti i privati che vogliano condividere e spingere l’immagine delle Marche come leader del settore biologico.
L’intento del distretto unico è quella di unire, per la prima volta, tutte le realtà, piccole medie e grandi, spesso scollegate fra loro, e dare la stessa forza di penetrazione nei mercati e le stesse opportunità a tutti, dando un’immagine molto più efficace e molto più spendibile e credibile all’estero.
Nel concreto, tra gli obiettivi principali del patto ci sono:
- incrementare la superficie agricola utile coltivata a biologico, passando dall’attuale 20% al 100% nelle aree Natura 2000 nei prossimi dieci anni;
- potenziare la ricerca, la sperimentazione e la formazione nel settore del biologico per migliorare la qualità e la produttività delle coltivazioni;
- tutelare e valorizzare la nostra biodiversità in alternativa agli Ogm;
- favorire e consolidare le filiere del biologico di prodotto e di territorio;
- estendere la certificazione del biologico fino alla tavola dei consumatori;
- promuovere il consumo dei prodotti biologici nelle mense e nei circuiti commerciali;
- promuovere le Marche come regione biologica con una elevata qualità della vita, al fine di accrescere la sua attrattività turistica.
Gli oltre 4000 operatori, i circa 104mila ettari bio (il 22% rispetto alla superficie agricola utilizzata, al di sopra della media italiana del 15% di quella europea dell’8,5%, le filiere agroalimentari già storicamente impegnate nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti certificati fanno della nostra regione un luogo di valore ambientale, economico e turistico”. Sono le parole di Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche, nel commentare la firma al manifesto di intenti.
Gli ettari coltivati in regione con questo metodo produttivo sono in costante crescita, ne sono un esempio la barbabietola da zucchero (605 ettari, raddoppiati in tre anni), i cereali (quasi 19mila,+2% in un anno), il foraggio (oltre 30mila, +9%), la frutta (circa 1000, +35%). Bene anche i vigneti (quasi 6mila, +3,5%) e gli oliveti (quasi 3mila, +5%). “Le Marche del Bio hanno la possibilità di presentarsi come una delle principali terre dove la ruralità, il rispetto per l’ambiente, la tradizione contadina fanno da incantevole sfondo a borghi ricchi di storia e di cultura – afferma Gardoni – La certificazione biologica è sempre più ricercata dai mercati e dai consumatori e dovrà essere sempre di più anche il biglietto da visita di un turismo slow. Non è un caso se sempre più aziende agricole che si occupano anche di ristorazione e alloggio si convertono al biologico: ad oggi quasi un agriturismo marchigiano su quattro è certificato e il loro numero è aumentato del 69% negli ultimi due anni. Un consenso crescente che registriamo anche tra i nostri soci, che rappresentano il 40% del totale regionale dei produttori bio, e nei nostri mercati di Campagna Amica dove è sempre più nutrito il gruppo delle aziende biologiche accreditate, a oggi quasi il 37%. Il nostro impegno è quello di aumentare le percentuali e lavorare con la filiera della ristorazione privata e pubblica per aumentare il prodotto certificato nei piatti”.