I BOND LEGATI A PROGETTI AMBIENTALI HANNO RAGGIUNTO NEL 2016 LA CIFRA RECORD DI 86 MILIARDI E IL 2017 SI È APERTO CON DUE MEGA EMISSIONI: 7 MILIARDI DEL GOVERNO FRANCESE E 1,25 MILIARDI DA PARTE DI ENEL
Fino a tre anni fa, rappresentava un prodotto di nicchia, ricercato solo da fondi etici e da qualche fondo pensione con policy restrittive su clima e impatto ambientale. Ma gli ultimi dati fotografano una situazione completamente diversa: il 2016 verrà ricordato come l’anno del clamoroso successo dei “green bond”. Obbligazioni in tutto e per tutto come le altre (emissioni di prestiti con determinate scadenze, dietro il riconoscimento di un tasso di mercato), ma destinate a finanziare progetti che devono avere obbligatoriamente una ricaduta positiva per l’ambiente. Un successo che riguarda da vicino anche l’Italia.
Se il 2016 si è chiuso con il nuovo record di collocamenti, oltre 84 miliardi di dollari a livello mondiale, l’anno nuovo si è aperto con una delle più grandi emissioni corporate di sempre. L’ha messa a segno il gruppo Enel che ha collocato obbligazioni a sette anni per 1,25 miliardi di euro, destinate a coprire investimenti in rinnovabili e tecnologie pulite, con una domanda da parte degli investitori che ha sfiorato i 3 miliardi. Il bond di Enel si colloca al terzo posto di sempre per quanto riguarda le emissioni da parte di società. Mentre a fare da apripista nel nostro paese era stato nel 2014 il gruppo Hera: l’utility emiliana-romagnola aveva collocato 500 milioni (con una domanda pari a tre volte l’offerta), con una scadenza decennale e un tasso del 2,37%.
L’emissione di Enel è stata guardata con molta attenzione dal mercato, per capire la tendenza per il 2017. Secondo uno studio redatto da Unicredit, a firma di Robert Vielhaber, senior credit analyst di Uni-Credit Cib (Corporate&investment banking), entro fine anno i green bond emessi nel mondo dovrebbero superare i 100 miliardi di dollari. A spingere per l’ulteriore crescita ci sarà ancora la Cina, che già nel corso della stagione precedente aveva coperto 30,5 degli 84 miliardi complessivi. Un ingresso quanto mai prepotente da parte del colosso asiatico, se si tiene conto che soltanto nel 2015 le emissioni di green bond cinesi non avevano superato quota 1,3 miliardi di dollari. Ma i 100 miliardi di crescita previsti dallo studio di Unicredit potrebbero essere stati calcolati per difetto. A parte il successo del collocamento di Enel, c’è stata l’attesa emissione da parte del governo francese del suo primo sovereign green bond : Parigi aveva come obiettivo di incassare almeno 3 miliardi, ma di fronte a una richiesta pari a 23,5 miliardi alla fine ha deciso che agli investitori sarebbero stati assegnate obbligazioni per 7 miliardi.
Ecco perché il sito specializzato “Renewables Now”, nei giorni scorsi, ha parlato di un mercato dei green bond che nel 2017 potrebbe arrivare anche a 170-200 miliardi di dollari. In realtà, le cifre sono ancora più consistenti, se si prendono in considerazione anche le obbligazioni legate alla lotta al cambiamento climatico. E’ già accaduto l’anno scorso: come ha calcolato l’organizzazione non governativa Climate Bonds Initiative, la cifra complessiva delle obbligazioni destinate ai progetti ambientali, è già arrivata nel 2016 alla cifra di 694 miliardi di dollari, con un aumento di 96 miliardi rispetto all’anno precedente.
Al di là dei numeri, gli analisti del mercato obbligazionario hanno pochi dubbi sul fatto che il boom del settore sia solo all’inizio. Sul fronte dei sovereign bond sono attese emissioni da parte dei paesi dell’Europa del nord a cominciare dalla Svezia. Anche il Tesoro italiano ha cominciato a prendere in considerazione l’opportunità: dal ministero dell’Economia, il direttore generale per il debito pubblico Maria Cannata, di recente ha definito la possibilità interessante.
Anche sul fronte corporate, come si legge ancora nel report di Unicredit, c’è fermento. Le utility coprono quasi la metà dei collocamenti (48%), ma crescono le emissioni da parte degli istituti di credito (18%): i fondi raccolti dalle banche vengono poi destinati a finanziare progetti legati all’ambiente. Un ulteriore spinta arriverà nel medio periodo, quando comincerà la stagione dei rifinanziamenti dei green bond già emessi: «Un primo livello consistente di emissioni si raggiungerà nel 2019, anche se il picco sarà due anni dopo, quando arriverà a fine vita il collocamento della Bei in scadenza nel novembre del 2019, la più consistente mai emessa».
Ma come si spiega il successo crescente dei green bond? «Si tratta di strumenti che rispondono a precise richieste del mercato – risponde Pietro Bianculli, responsabile bond syndicate di UniCredit Cib – in particolare sono perfetti per i fondi etici o per gli investitori che hanno particolari policy legate, per esempio, alla riduzione delle emissioni della CO2. Ma non soltanto: per loro natura, sono meno volatili di altri titoli obbligazionari e per questo motivo attraggono anche investitori tradizionali e di lungo periodo: come alcuni grandi asset manager, il più noto è sicuramente Black Rock, che hanno creato fondi dedicati proprio a questo genere di bond». E se si muovono i colossi del risparmio, il successo è assicurato.
Fonte: Repubblica