Contro il riscaldamento globale non c’è più tempo da perdere, se vogliamo evitare conseguenze catastrofiche per noi e per il pianeta: è il senso del nuovo rapporto speciale pubblicato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), il più importante organismo scientifico dedicato alla ricerca su come sta cambiando il clima della Terra, soprattutto in seguito alle attività umane con la costante emissione nell’atmosfera di anidride carbonica (CO2), tra i principali gas responsabili dell’effetto serra. Il rapporto dice che agli attuali ritmi entro il 2030 l’aumento della temperatura media globale sarà superiore agli 1,5 °C ritenuti la soglia massima di sicurezza per avere effetti contenuti e gestibili, seppure con grandi spese di denaro e risorse.
Mantenersi sotto la soglia degli 1,5 °C non sarà comunque per niente facile e richiederà cambiamenti nel modo in cui produciamo energia elettrica, in cui gestiamo coltivazioni e allevamenti, senza contare le modifiche sostanziali ai sistemi dei trasporti per interrompere la dipendenza dai combustibili fossili.
Allo stato attuale e senza interventi incisivi, la soglia degli 1,5 °C potrebbe essere superata in tempi brevissimi: appena 12 anni. Per rimanere al di sotto di quella soglia servono quindi da subito enormi investimenti, con una spesa annua pari al 2,5 per cento dell’intero prodotto interno lordo mondiale per almeno 20 anni. Il rapporto spiega inoltre che avremo bisogno di nuovi sistemi per sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera, tecnologie sperimentate da anni, ma sulla cui efficacia ci sono ancora molti dubbi.
5 cose da fare
L’IPCC indica una sorta di percorso a tappe forzate per evitare il superamento degli 1,5 °C:
– ridurre le emissioni globali di CO2 in modo da arrivare nel 2030 a produrre il 45 per cento di quelle prodotte nel 2010;
– produrre l’85 per cento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2050;
– portare il consumo di carbone a zero il prima possibile;
– allocare almeno 7 milioni di chilometri quadrati (l’equivalente della superficie dell’Australia) alle coltivazioni per i biocarburanti;
– raggiungere l’equilibrio ed essere quindi a emissioni zero entro il 2050.
Raggiungere obiettivi simili in tempi così ristretti non solo richiederà cambiamenti radicali nelle politiche energetiche dei paesi più industrializzati, ma anche una spesa enorme. Il rapporto valuta che gli investimenti necessari per rimanere sotto gli 1,5 °C dovrebbero essere pari a circa 2mila miliardi di euro tra il 2016 e il 2035, solo per quanto riguarda i sistemi energetici. La cifra deve naturalmente essere valutata nel contesto dell’economia globale e può essere una grande opportunità di sviluppo, perché di fatto apre nuove possibilità nella produzione di centrali, stabilimenti, infrastrutture e molto altro con un approccio sostenibile dal punto di vista ambientale.
Non c’è più tempo
Il rapporto spiega che non c’è più tempo per rinviare le decisioni, soprattutto se i governi vogliono affrontare il problema con soluzioni sicure e praticabili. Ulteriori rinvii, infatti, renderebbero necessario il ricorso a sistemi ancora sperimentali e dai risultati incerti, che costerebbero molto più denaro e non offrirebbero certezze sulla riduzione dei rischi. Negli ultimi anni sono stati sperimentati sistemi per sottrarre l’anidride carbonica dall’atmosfera, per esempio per conservarla nel sottosuolo (per sempre), ma la loro affidabilità non è ancora provata e avrebbero comunque costi enormi di gestione.
Fonte: Il Post